I Reality su Youtube

Sempre nell’ambito del cambiamento dei media dal broadcast all’on demand ho notato da un po’ di tempo la comparsa di show su youtube di qualità equivalente ai reality che normalmente passano sui canali discover.

Tra i contenuti più professionali che seguo c’è AWE di Break, un canale con quasi 5 milioni di iscritti che propone un paio di reality di qualità televisiva, ovvero “Man at Arms: Reforged” dove un gruppo di fabbri ricostruisce delle armi da taglio tratte da film e videogiochi, e Super-Fan Builds dove viene costruito un oggetto unico ed incredibile che poi viene donato ad un super fan.

Altro canale con una produzione molto alta è l’australiano The Katering Show: uno show di cucina comico che mette insieme una intollerante alimentare e una intollerabile foodie. Questo spettacolo arrivato alla seconda stagione appare su youtube dopo un passaggio su altri network a pagamento.

Un terzo esempio è Tabletop di Wil Weaton contenuto nel canale Geek & Sundry. In questa trasmissione – giunta alla quarta stagione – Wil Weaton insieme ad alcuni ospiti gioca ad un gioco da tavolo. Gli episodi durano circa una mezz’ora e hanno un buon ritmo, e in livello di produzione generalmente superiore agli altri canali di giochi da tavolo che riempiono YouTube.

C’è quindi un grosso spazio per creare contenuti di qualità su youtube, con produzioni professionali e budget di un certo livello: certamente ad oggi produrre in lingua inglese da ancora un enorme vantaggio, ma anche sul mercato italiano diversi videomaker lavorano con una qualità molto alta (tra i quali The Jackall, e Terzo Segreto di Satira) e probabilmente come vedevamo c’è anche un grosso spazio per ibridi tra TV e YouTube.

Quello che è certo è che gli occhi si stanno spostando dal piccolo schermo a internet.

Rise of Flight: la lunga campagna

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Rise of Flight è un simulatore di volo ambientato nella prima guerra mondiale. Penso si possa dire che ad oggi sia il migliore simulatore sul mercato per questo particolare conflitto.

La prima guerra mondiale è stato il primo conflitto in cui sono stati utilizzati gli aerei: all’inizio l’aereo aveva funzione di ricognizione, ma con il passare del tempo sono stati sviluppati i caccia, e i primi bombardieri. Nel corso di pochi anni l’aviazione è cresciuta ad una velocità incredibile.

Rise of Flight riesce a cogliere molto bene questo periodo di transizione simulando in modo abbastanza accurato il comportamento “selvaggio” di queste macchine, e le loro enormi limitazioni. Allo stesso tempo il gioco fa un buon lavoro nel ricostruire il fronte occidentale con le sue infinite trincee.

Questo gioco ha una modalità carriera che permette di simulare la vita di un aviatore durante il periodo tra il settembre 1916 e la fine della guerra: essendo a cento anni di distanza ho deciso di giocare una lunga partita giorno dopo giorno ripercorrendo le gesta di quei primi aviatori, e ho pensato che potrebbe essere interessante prendere spunto da quello che succede nel gioco per andare a scriverne in questo blog.

Questo articolo vuole essere il primo di una – speriamo lunga – serie a tema aviazione nella prima guerra mondiale.

Che cos’è la Slow Tv

La slow tv è una sorta di evoluzione del concetto di reality: in un reality vediamo quello che ci viene descritto come una situazione reale (anche se nella maggior parte dei casi è sceneggiata) attraverso un montaggio sufficientemente serrato da rendere la vicenda divertente e da restare nel limite di 20 – 40 minuti di show. Con i reality quindi abbiamo visto di tutto: dalla pesca di granchi in Alaska, alla rimozione forzata a Miami, al banco dei pegni a Detroit, alle aste un po’ in varie parti dell’america. Tutto con un montaggio serrato, un commento, e una storia.

Bene, partiamo dal concetto di reality e togliamo il montaggio serrato, il commento, e la storia. Cosa rimane? Ore e ore di realtà.

I primi esperimenti di slow tv risalgono agli anni 60 è la versione contemporanea quella che ha avuto successo: tutto è cominciato quando la TV di stato Norvegese ha deciso di celebrare i 100 anni della linea ferroviaria che collega Bergen a Oslo creando una trasmissione che ripercorre in tempo reale le 7 ore di viaggio del treno (la puoi vedere in streaming qui).

Il passo successivo è stato monumentale: 134 ore di diretta dalla nave MS Nordnorge nel suo viaggio tra Bergen e Kirkenes. Data la natura dello spettacolo in diretta la nave era accolta in ogni porto da folle enormi, e anche il pubblico che ha seguito la trasmissione sia in tv che su internet è stato di tutto rispetto.

La slow tv è una forma estrema di televisione, un concetto completamente diverso ma che sta funzionando molto meglio delle aspettative: recentemente alcuni di questi esperimenti sono stati caricati su Netflix (non ancora sulla versione italiana) e grazie alla diffusione delle go pro su youtube si possono trovare diversi video amatoriali di questo genere. In un modo più o meno correlato la diffusione dei let’s play e delle dirette su twitch possono essere viste come un’altra forma di slow tv nel mondo dei videogiochi.

Il fatto stesso che la slow tv esista la dice lunga su come è scesa la qualità della televisione da quando i reality a basso costo e i talk show sono diventati il riempitivo preferito dei canali broadcast.

E devo dire che piuttosto che vedere i politici litigare in un salotto preferisco vedere fare un maglione per 12 ore.

Il Primo Mese di No Man’s Sky

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Siamo già ad un mese dall’uscita per PC di No Man’s Sky.

No Man’s Sky è uno dei titoli in cui l’hype pre lancio ha raggiunto livelli quasi religiosi, aiutato da una estrema segretezza sui contenuti del gioco, una serie di video di gameplay assolutamente fasulli, e una serie di interviste piene di menzogne.

Ad un mese dal rilascio No Man’s Sky ha venduto sulla piattaforma Steam circa 756.000 copie, ma ad oggi già il 67% dei giocatori lo ha già abbandonato da più di due settimane: questo potrebbe essere normale per un gioco con una storia di 40 ore, ma è preoccupante per un titolo che prometteva un universo di infinita esplorazione e rigiocabilità, ovvero un titolo che non sarebbe dovuto diventare noioso neanche dopo centinaia di ore di gioco.

I giudizi di critica e pubblico stanno riflettendo la qualità del gioco: su Metacritic No Man’s Sky ha preso un 60/100 dalla critica e 2.7/10 dal pubblico, mentre su Steam solo il 35% delle recensioni è favorevole.

Il gioco è tuttora venduto al prezzo pieno di 59,99€, e su Steam ha anche un avviso di come non ci siano eccezioni nelle modalità di rimborso: questa nota è apparsa quando il numero di clienti che ha cominciato a chiedere i soldi indietro è aumentato rapidamente.

Avendo provato No Man’s Sky posso confermare che anche ignorando i grossi bug e le scarse prestazioni, questo titolo ha veramente poco di divertente in termini di meccaniche di gioco, e ho visto un bel po’ di persone arrivare dopo 40 ore di gioco alle stesse conclusioni che avevo raggiunto in una sera.

Vero: No Man’s Sky può catturare più di altri titoli in termine di tempo, perché è talmente vasto che è facile continuare ad andare avanti sperando che ci sia sul pianeta successivo qualcosa di meraviglioso che giustifichi il tempo speso, ma più tempo si spende e più si arriva alla realizzazione che l’interezza del gioco può essere apprezzata nella prima mezz’ora e il resto solo solo infinite variazioni proceduralmente casuali.

A questo si aggiunge che Hello Games è diventata parecchio silenziosa dopo il lancio del gioco, e lo stesso Sean Murray ha smesso di twittare dal 18 Agosto. Hello Games per ora ha fatto altre vaghe promesse sul futuro del gioco, ma a distanza di un mese le uniche modifiche che abbiamo avuto sono delle patch per correggere i problemi della versione al lancio. Sulle promesse anche in questo caso Hello Games è parecchio opaca, ovvero non ha rilasciato una chiara definizione di “cosa” e di “quando”.

Allo stato attuale quindi No Man’s Sky è fermo: chi non lo ha comprato non lo comprerà fino a quando non succederà qualcosa, e nonostante la comunità dei modder abbia cominciato a correggere gratuitamente le più grosse problematiche del gioco questo non rende più divertenti le meccaniche di base praticamente nulle di questo titolo.

A questo punto No Man’s Sky è diventato un caso di studio di come non fare un titolo indie.

La Fine delle Macchine Fotografiche Compatte

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Puntuali dopo l’annuncio di un nuovo cellulare da parte di Apple o Samsung arrivano gli articoli che elogiano la rivoluzionaria qualità della macchina fotografica integrata sul nuovo telefono: in queste articoli quasi certamente si dirà che questo nuovo modello decreterà la fine delle macchine fotografiche compatte.

Cosa sono le macchine fotografiche compatte

Le Macchine Fotografiche compatte hanno due caratteristiche fondamentali: la prima – come dice il nome – è essere ridotte in ingombro e peso; la seconda è essere molto semplici da usare, ovvero essere “punta e scatta”. Anche il costo è un fattore nelle macchine compatte: c’è certamente una fascia di mercato molto economica, o anche estremamente economica, e una fascia di mercato più costosa.

Le mie macchine fotografiche compatte

Nella foto qua sopra puoi vedere le mie macchine fotografiche per questa categoria: questa collezione racconta in modo parziale l’ascesa e il declino del mercato delle compatte.

Partendo da sinistra le prime due macchine sono una Ferrania (sopra) e una Bencini (sotto) degli anni ’70: non le ho mai usate, e le tengo solo per collezione. Queste macchinette erano ulteriormente semplificate perché non usavano un rullino tradizionale (mi rendo conto che le nuove generazioni non hanno idea di cosa sia un rullino tradizionale) ma bensì una cartuccia. Un rullino poteva essere abbastanza complicato da caricare (io però da ragazzo avevo imparato tranquillamente) mentre la cartuccia era un semplice inserisci e chiudi. Questo genere di macchinette non aveva controlli sui tempi, e la messa a fuoco era fissa; la Ferrania ha un minimo di controllo sull’apertura, ma proprio 2 posizioni. La messa a fuoco fissa non permette di far foto ravvicinate (ovvero non si possono fare i selfie) , ma in generale è un buon compromesso che andava bene per chi voleva fare foto senza dover imparare a fotografare. Parlando di prezzo queste macchine fotografiche costavano 5.500 lire, che aggiustate all’inflazione corrispondono a circa 50 €, ma al costo della macchina occorre naturalmente aggiungere il costo della pellicola e dello sviluppo e stampa.

Al centro in alto c’è la mia prima macchina fotografica, che mi ha accompagnato dagli anni ’80 fino a buona parte degli anni ’90: si tratta di una Pentax Pino. Come le precedenti si tratta di una messa a fuoco fissa, che però alloggia una normale pellicola. I tempi non sono regolabili, ma l’apertura può essere regolata spostando due ghiere, la prima rispetto al numero di ASA della pellicola, e la seconda rispetto alle condizioni della luce, o – nel caso dell’utilizzo del flash integrato – della distanza del soggetto. Il flash integrato è alimentato da due batterie stilo che alimentano anche un sensore di troppo buio all’interno del mirino. Provando a premere il pulsante di scatto con condizioni di luce non sono sufficienti si accende una luce rossa. Nella sua semplicità questa macchina fotografica è molto bella e aveva una bella ottica per il tipo di macchina da dare in mano ad un bimbo.

Al centro in basso vediamo una macchina usa e getta: come livello di difficoltà non c’è nulla di più semplice, e come prezzo nulla di più economico. Questo tipo di macchine era venduto dai fotografi, o anche nei negozi di souvenir nei luoghi turistici; una volta finito il rullino lasciavi tutta la macchina al fotografo e ne compravi un’altra. Con 24 + 3 foto, e la semplice idea del mirare e scattare, senza alcuna opzione o controllo, questo tipo di macchina era perfetto per quando si faceva una gita e si voleva scattare qualche foto. Immaginate però cosa vuol dire avere a disposizione solo 27 fotografie, invece che un numero alto, o infinito (a patto di cancellare quelle venute male) come rende possibile il digitale.

A destra in alto c’è la mia prima macchina digitale: una Casio QV 100. Con una “alta” risoluzione di 640×480, una memoria di 4 megabyte che conteneva un massimo di 64 foto, un sensore particolarmente aberrante verso il blu, senza flash, e con 4 batterie stilo come alimentazione si può capire bene come questi modelli non furono immediatamente in grado di rimpiazzare l’analogico. Il prezzo di questa macchina nel 1995 rapportato ad oggi supererebbe i 1.000 euro. Ciò nonostante il non dover sviluppare e stampare le foto, il poter vedere immediatamente il risultato sul piccolo monitor, e l’obiettivo che può essere girato per farsi finalmente i selfie hanno decretato un immediato successo di queste nuove tecnologie rendendo evidente che il problema fosse solo il prezzo.

L’ultima macchina fotografica è una Finepix che mi ha accompagnato almeno fino a capodanno del 2006. Ed è qua che la storia si interrompe: il 9 gennaio del 2007 infatti Steve Jobs presenta l’iPhone e per la prima volta l’idea di uno smartphone per le masse – o anche l’idea stessa dello smartphone – si affaccia sul mercato. Da quel momento, quando è possibile avere integrata nel telefono una decente macchina fotografica allora immediatamente l’idea stessa delle compatte diventa inutile. Perché può anche essere vero che le compatte al tempo degli smartphone hanno continuato ad avere una qualità fotografica migliore, ma come dicevamo all’inizio la qualità fotografica non è un fattore in questo mercato: quello che conta è la compattezza e la semplicità. Le macchine fotografiche delle degli smartphone sono estremamente semplici da usare, e in quanto a compattezza nulla batte l’idea di non dover portarsi in giro un gingillo di più.

Per questa ragione non penso che il nuovo iPhone abbia distrutto il mercato delle compatte, perché già ci aveva pensato il primo.