Game of Thrones 8×3: Nemici interni ed esterni

Riprendo l’analisi di Game of Thrones perché ritengo che l’ultima stagione, per quanto disastrosa, sia possa dare ottimi spunti di riflessione. Saltiamo i primi 2 episodi che sono una sorta di preparazione per la battaglia di Winterfell. Da qui in avanti spoiler per il terzo episodio della ottava stagione.

Non voglio soffermarmi su come la fotografia dell’episodio sia estremamente buia, ne su come la battaglia sia tatticamente ridicola, neppure su come l’azione sia estremamente confusionaria, o ache su quanto sia assurdo nascondersi in una cripta quando si affrontano dei non morti.

Il problema più grosso della battaglia contro i non morti è che siamo solo al terzo episodio e abbiamo una battaglia risolutiva.

La serie di GoT si apre mostrandoci i non morti: la grande minaccia, il “winter is coming”, l’apocalisse.

I non morti oltre la barriera sono il più classico dei nemici esterni: il tipo di nemico che può essere affrontato solo superando le differenze e facendo fronte comune.

Game of Thrones ci ha mostrato per 8 stagione i nemici interni: i conflitti interni per il potere che erano resi ulteriormente drammatici dall’incombente disastro che sarebbe arrivato con l’imminente inverno.

Naturalmente i nemici interni son molto più interessante del nemico esterno che sostanzialmente si limita a marciare per 8 stagioni, ma il ruolo del nemico esterno è quello di far vedere che i singoli e gli egoismi portano alla sconfitta.

Possiamo vedere esempi di conflitti interni ed esterni nella storia e nella contemporaneità: i conflitti interni al parlamento Britannico che non hanno permesso di andare con una voce forte e comune a trattare con l’europa; il conflitto politico interno all’Europa che non permette di parlare con una voce sola con Russia, Cina, o Stati Uniti; il conflitto tra liberali e socialisti che ha sempre favorito l’ascesa delle dittature, e via discorrendo

Il problema del terzo episodio è che ci mostra un nemico imbattibile che viene battuto da una parte e questo narrativamente fa crollare 8 stagioni che ci hanno mostrato come stesse arrivando qualcosa di imbattibile e indistruttibile.

L’unico finale soddisfacente per il nemico esterno è vederlo vincere nel terzo episodio costringendo i nostri eroi a ripiegare per tutto il continente, e costringendo la Regina a muovere le proprie truppe per difendere in una disperata alleanza quello che rimane dei suoi regni.

A questo aggiungiamo che il super mostro finale viene ucciso da Teenage Mutant Ninja Arya che salta fuori dal nulla che neppure nel peggiore degli incontri andati in vacca nella WWE…

Ludum Dare 44: i risultati

A questo giro non è andata particolarmente bene: molti risultati sotto il 3/5 e un paio sotto il 2.5/5

In questo grafico si può vedere come il gioco sia tra i peggiori che ho presentato

Il tema non mi ha convinto fin dall’inizio, e avrei effettivamente potuto aggiungere un paio di feedback per rendere più comprensibile il gioco.

Ma di questo parlerò nel postmortem

Game of Thrones: Beyond the Wall e il Teletrasporto

Come abbiamo visto Game of Thrones è passato con la settima stagione ad essere una storia lineare e questo ha comportato una serie di problemi nella narrativa.

Uno dei problemi è il cercare di far quadrare questa storia nello spazio, ovvero avere una base coerente nella ambientazione.

La storia oramai è divisa tra King’s Landing e Dragonstone al sud e i territori oltre la Barriera a nord.

Quasi tutti i libri fantasy hanno nelle pagine iniziali una mappa dell’ambientazione e i libri di Martin non fanno eccezione. L’idea nello show è ulteriormente rafforzata dalla (lunghissima) sigla che ci mostra episodio per episodio dove si stanno svolgendo le vicende narrate.

La geografia è un elemento fondamentale del world building, e se l’autore riesce a restare ancorato a quello che ha inventato allora il lettore/spettatore (o giocatore, nel caso dei videogiochi) troverò più facile immergersi in un mondo fantastico.

Il fatto che ci siano draghi e magie da all’autore una serie di libertà, ma queste libertà devono essere espressamente definite dallo scrittore, pena la rottura della sospensione di incredulità.

Tutti quando fruiamo di una storia fantastica non abbiamo problemi ad accettare che ci siano magie o draghi, ma questi devono agire sempre coerentemente con la storia. Non ci si lamenta del fato che la storia non è verosimile perché c’è un drago, ma perché questo drago si comporta al di fuori delle regole esplicite (o implicite) della storia.

Prendiamo l’esempio del drago: il drago vola e sputa fuoco, son regole esplicite definite dalla storia. Implicitamente siamo portati a pensare che il drago non sia in grado di teletrasportarsi da un punto all’altro del continente, e che quindi per quanto si muova veloce impieghi una quantità di tempo per andare da un punto all’altro della mappa.

Ora, la mappa di Westeros – per regola dell’autore – va letta come una mappa medievale, e quindi non dobbiamo trarre delle distanze precise. Però possiamo comunque farci un’idea di cosa sia possibile e cosa no.

In Beyond the Wall i nostri eroi rimangono incastrati su un isolotto appunto “oltre il muro” in quella che sembra essere una situazione precaria, senza cibo e circondati dagli zombie al bordo del lago. Una staffetta di corsa parte per Castle Black, e da li manda un Corvo fino a Dragonstone.

Da Dragonstone Daenerys parte con un drago e salva i nostri eroi.

Ora, senza misurazioni precise e solo per ordini di grandezza

  • Da dove sono i nostri eroi a castle black ci sono 30 km
  • Da Castle black a Dragonstone ci sono 3.000 km
  • E da Dragonstone ai nostri eroi ci sono altri 3.000 km

Facciamo anche che il corvo vada a 80 km/h e il drago a 100

Diciamo che il minimo per fare tutto questo giro – dando per scontato che Daenerys sappia telepaticamente la posizione di Jon – è 3 giorni.

Ora, il tutto viene risolto con un salto temporale. Son passate ore? Giorni? Mesi? Non è dato saperlo.

Gli autori si son limitati a far arrivare i draghi e salvare i nostri eroi “per il rotto della cuffia” come nei migliori cliche.

Il che probabilmente fa anche per una buona scena televisiva, ma stride enormemente con le altre stagioni dell’opera dove i viaggi erano lenti e guadagnati dando peso a quello che accadeva.

Jon Snow ha praticamente passato una stagione per viaggiare pochi km a nord del muro, e son proprio questi viaggi guadagnati che rendono la storia unica e divertente.

Il mio consiglio è quando si crea un mondo di gioco restare il più possibile coerenti con questo, e se la storia dice che gli eroi debbono stare bloccati 3 giorni in attesa dei draghi, allora questa va riscritta in modo che sia plausibile ed esplicito che gli eroi hanno atteso tanto, ed è proprio nel mostrare la risoluzione di questa avversità che la storia acquista uno spessore “organico” e il mondo diventa reale.

Altrimenti ci si limita appunto ai più scontati cliche…

Game of Thrones: dalla storia emergente al finale classico

Come abbiamo visto ieri Game of Thrones ha una struttura narrativa particolare che non si presta bene ai finali.

Per questa ragione ad un certo punto gli autori hanno dovuto dare un taglio agli archi narrativi “organici” e preparare la storia per il suo epilogo.

Da qui in avanti ci saranno spoiler fino al decimo episodio della sesta stagione.

L’episodio ricco di eventi e morti di personaggi principali arriva alla conclusione riducendo le storie principali a 2

  • La battaglia per Westeros tra i White Walkers (antagonisti) e le truppe del nord guidate dal nuovo re del Nord Jon Snow (eroe)
  • La battaglia per il Trono tra la regina incontrastata dei 7 regni Cersei (antagonista)  e la pretendente Daenerys che sta attraversando il mare (eroe)

Per molti spettatori questo è stato il punto di rottura della serie, e questo a mio parere è solo parzialmente dipendente dall’abilità degli autori.

La storia così semplificata rende alcuni personaggi “immortali” ovvero protetti da quella che viene definita plot armor.

A questo punto infatti sappiamo che qualunque cosa succeda gli eroi e gli antagonisti sopravviveranno fino alla battaglia finale, e che la storia non potrà andare molto al di fuori di questi canoni. Ovvero prima di tutto dovranno essere risolti questi due enormi conflitti, e poi nel caso risolto il resto.

Ed è questo il problema dell’ultima stagione di 6 episodi: il primo conflitto è stato risolto nell’episodio 3, e il secondo nell’episodio 5, mentre l’episodio 6 è stato dedicato a risolvere tutto quanto è emerso al di fuori di questi due conflitti.

Decisamente troppo veloce, ma della sesta stagione parleremo in dettaglio in un altro post.

Nel mentre vi consiglio questo video che spiega bene il punto di rottura che ho evidenziato

Game of Thrones e le storie “emergenti”

Si è conclusa ieri notte Game of Thrones, una delle più importanti serie televisive degli ultimi anni che ha contribuito a cambiare lo sviluppo delle storie nel media televisivo e non solo.

In questo articolo non farò spoiler – o almeno non sulle ultime stagioni e non al di la della struttura generale della vicenda – ma mi concentrerò sulla caratteristica che ha reso GoT un prodotto molto diverso.

Ogni storia può essere semplificata in una serie di elementi ricorrenti: Propp tra gli altri ha descritto in questo modo gli elementi di una storia di tipo fiabesco e come possiamo vedere in questo schema rientrano gran parte dei film di avventura, dei videogiochi, e anche molte serie televisive.

Una storia lineare: con un protagonista, un antagonista, un equilibrio che viene rotto, e attraverso le peripezie dei protagonisti viene ristabilito, portando a termine l’arco narrativo della vicenda.

Anche GoT parte con un equilibrio rotto, o meglio parte con più equilibri rotti (spoiler sui primo episodi della serie): una minaccia formata da non morti si ammassa a Nord della barriera; i fratelli Targaryen che cercano alleati nel continente di Essos per riconquistare il trono di Westeros, Jon Snow parte per una nuova vita nel Night Watch; Bran – il più giovane della casata Stark – scopre l’incesto dei fratelli Lannister e per questo viene spinto giù dalla torre, rimanendo paralizzato; il Re di Westeros muore lasciando il trono al figlio che sappiamo essere illegittimo, e che sposerà una delle Sorelle Stark.

Una serie di equilibri ed un folto gruppo di personaggi: non vengono chiaramente definiti dei protagonisti e degli antagonisti perché i personaggi non operano all’interno di uno schema morale semplice, ma hanno un insieme complesso di valori ed obiettivi da raggiungere.

Ogni personaggio ha il suo arco narrativo, che lo porta a scontrarsi organicamente con tutti gli altri: l’autore in questo contesto si trova a fare da arbitro e non deve per forza difendere il personaggio “buono” che anzi se sopraffatto dagli avversari può anche morire.

Questa è una storia Emergente: non una vicenda preordinata, ma un insieme di regole che permette di creare una storia. Nei videogiochi questo sistema è in grado di creare alcune delle vicende più appassionanti, sorprendenti, e “realistiche” oltre che aumentare a dismisura la rigiocabilità.

Questo sistema si presta molto bene per i giochi multiplayer, se i giocatori sono inclini a giocare, e in particolare in alcuni giochi di ruolo da tavolo funziona molto bene, ad esempio On Stage! .

Anche nei giochi single player per computer abbiamo qualche ottimo esempio: il mio preferito è Crusader Kings, che non a caso ha una total conversion ispirata al mondo di Game of Thrones.

Il sistema delle storie organiche però non è tutto rose e fiori: è perfetto per portare avanti una storia all’infinito, un po’ come succede nelle telenovela o nel wrestling, ma diventa problematico quando si vuole raggiungere una conclusione, perché nel mondo reale non ci sono quasi mai dei finali da film.

Parleremo del finale di Game of Thrones in un articolo successivo.