Il Vittimismo e l’Illusione del Controllo

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Una delle più grosse illusioni della mente umana è il controllo: anche supponendo di essere completamente in controllo delle nostre azioni e decisioni, ovvero di non essere influenzati da elementi esterni quali ad esempio le tattiche psicologiche di persuasione, o anche semplicemente dal meteo, non saremo comunque in controllo di tutto quello che è esterno da noi.

In alcuni casi possiamo affidarci, in altri fare delle previsioni, prendere delle precauzioni basate su dati statistici, ma tutte queste meccaniche funzionano su larga scala ma non ci mettono al riparo dai casi particolari. Il nostro controllo insomma è sempre molto limitato, così come è limitato il nostro effetto, soprattutto sui sistemi complessi.

Una delle contromisure psicologiche che adottiamo per illuderci che di avere ancora pieno controllo è dare la colpa a qualche agente esterno che ci ha preso di mira.

Dall’insegnante a scuola, al sistema economico capitalista, al complotto massone, fino alle scie chimiche, ai Templari, fino al malocchio e alle divinità, la lista di giustificazioni fantasiose che possiamo addurre per i nostri fallimenti, o per le nostre sfortune.

Incolpare qualcun altro ci fa sentire in controllo, in equilibrio, e ci assolve dai nostri peccati.

C’è però un aspetto paradossale della questione: possiamo anche essere vittime di noi stessi. Se prendiamo la colpa per qualcosa ma non accettiamo quello che ci è successo, e se non proviamo a correggere le cause che ci hanno messo in quella situazione allora poco importa se non abbiamo trovato altro capro espiatorio che noi stessi.

Occorre quindi abbracciare la nostra condizione incerta e muoversi sempre per migliorarsi, dobbiamo scendere a patti con l’idea che il mondo non stia tessendo trame contro di noi e, nel caso riscontrassimo le ragioni delle nostre sfortune in noi stessi, allora dovremo semplicemente cambiare.

Le Diete e la Paura di Cambiare

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In vista della prova costume ci si mette tutti a dieta, poi si passano le vacanze a gozzovigliare e a settembre rieccoci a pensare alla palestra e alla dieta.

La dieta – nel modo in cui viene intesa oggi – è una modifica temporanea delle proprie abitudini alimentari volta a perdere peso. In questa definizione si trova la ragione per cui le diete non funzionano, o meglio, funzionano solo per breve tempo fino a quando non si recupera peso.

Se si sta guadagnando rapidamente peso è sintomo che c’è qualcosa che non va, e se si decide di affrontare questo problema in modo intelligente allora bisogna riconoscere che occorre una qualche forma di cambiamento a lungo termine: invece è molto più facile optare per un cambiamento radicale a breve termine, ovvero un non cambiamento.

Il cambiamento ci spaventa molto più della dieta: ognuno di noi in questo momento ha trovato una sorta di equilibro, può essere un equilibrio statico o dinamico, ma è un modo in cui si sente sufficientemente confortevole in ogni singolo giorno che passa. Dico che ognuno è in equilibrio perché chi non è in equilibrio sta già muovendosi verso radicali cambiamenti alla ricerca di un nuovo equilibrio.

Questo equilibrio non è solo la nostra zona sicura e confortevole, ma è anche la nostra identità. Non è vero che nel corso della vita le persone rimangono sempre uguali: l’io bambino era molto diverso dall’io studente, e l’io attuale è molto diverso dall’io di 10 anni fa. La nostra identità varia lentamente o bruscamente insieme al nostro equilibrio.

Ognuno di noi però tiene molto alla propria identità, e sente il bisogno istintivo di essere coerente verso la propria identità: la coerenza è infatti uno dei requisiti per la vita sociale, che prevede il non dover rivalutare costantemente le persone che si anno attorno. La coerenza è istintiva perché l’umano è un animale sociale.

Ed è questa la ragione di fondo per cui ci spaventa cambiare una cattiva abitudine, anche quando riconosciamo che è una cattiva abitudine: questa è la ragione per cui preferiamo soluzioni veloci e temporanee, a cambiamenti graduali ma di lungo respiro.

Questo vale per le persone, ma vale anche per i gruppi di persone: anche una azienda preferisce fare una “dieta” piuttosto che intraprendere un cammino di rinnovamento profondo. Anche le aziende come le persone hanno paura di cambiare, sono convinte che ci sia una virtù nell’equilibrio anche quando questo equilibrio non è altro che un lento declino.

Per questa ragione le aziende spendono un sacco di soldi in consulenti cercando la soluzione rapida e semplice ai problemi superficiali che riscontrano, ma non vanno mai a lavorare sulle cause di questi problemi intraprendendo il cambiamento profondo che questi consulenti suggeriscono.

Siamo governati dalla paura di cambiare e abbiamo paura di cambiare anche i nostri difetti, perché teniamo troppo alla nostra attuale identità per barattarla con una migliore identità per domani.

Non fare la dieta. Cambia la dieta.

Mr. Robot

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Mr. Robot racconta la storia di un hacker che insieme ad un gruppo cerca di scatenare la rivoluzione distruggendo una megacorporazione. La storia è abbastanza classica, allora perché Mr. Robot sta avendo così tanto successo?

Verosimiglianza

Solitamente nella fiction gli hacker sono dipinti come strani personaggi in grado di far tutto con il computer, ma l’atto stesso dell’hack si risolve vedendo qualcuno picchiettare a caso sulla tastiera, o peggio spostandosi nella realtà virtuale. Mr. Robot usa un approccio realistico: tutte le tecniche adottate nel corso del telefilm sono tratte da scenari reali, naturalmente potenziate alla bisogna, e in alcuni casi si vedono anche reali programmi all’opera.

Similarità ad altre storie

La storia di Mr. Robot non è particolarmente originale, e la costruzione dei personaggi, oltre che le vicende narrate sono riconducibili a tutta una serie di altri film come: Trainspotting, Sneakers, Fight Club, Matrix, Guerre Stellari, V per Vendetta (e il riferimento di Anonymous a V per Vendetta), Oceans Eleven, Prison Break, e qualche sentore di Wolf of Wall Street e Dora l’Esploratrice. Pur appunto non essendo una storia originale di per se il solo appoggiarsi ad una simile quantità di materiale rielaborandolo in modo coerente rende questa serie degna di nota.

Easter Egg

Le ambientazioni dove si svolge la vicenda sono piene di piccoli riferimenti e citazioni da scoprire: in particolare la sala giochi.

Se ti occupi di Internet o di informatica quasi certamente Mr. Robot è la serie che fa per te.

Karaoke: Perché non Torniamo alla Chitarra Attorno al Fuoco?

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Karaoke: in Giappone esiste dai primi anni ’70 ed è esploso negli anni ’80. In italia è arrivato insieme a Fiorello nel ’92, e da allora ha continuato ad imperversare nelle feste in casa, nei bar, e nelle sagre di paese.

Quando avevo vent’anni però, nonostante la diffusione del karaoke, solitamente mi trovavo a cantare attorno al fuoco con gli amici: c’era quello con la chitarra, c’era il canzoniere con le gli ultimi successi pop, i classici degli anni 60, e le canzoni della chiesa, e ci si divertiva con poco.

Non ho mai capito perché la gente preferisce il karaoke, dove solitamente è solo una persona che canta mentre gli altri ascoltano, alle canzoni attorno al fuoco dove chi non sta limonando canta insieme agli altri.

Anche quest’anno come tutti gli anni il karaoke mi perseguita: per qualche imperscrutabile ragione culturale è il Giovedì notte la serata che un po’ ovunque viene dedicata al karaoke. Poco importa se mi trovo a casa, o in villeggiatura: posso stare certo che il giovedì fino a tarda notte ci saranno canzoncine sintetiche con sopra voci stonate ad un volume così alto da essere udibile in tutto il paese.

In questi anni vanno di moda un sacco di cose retrò e vintage: perché allora non sostituiamo il karaoke – un residuato bellico degli anni ’90 che i giapponesi hanno imposto all’occidente come vendetta per le bombe atomiche – con la più romantica chitarra attorno al fuoco?

Son sicuro che cantare attorno al fuoco sia molto più divertente, e che si cucchi certamente di più.

Ma soprattutto si evita di scassare l’anima al mondo!

Stato del Blog Agosto 2016

Si è concluso il primo mese dalla riapertura di questo blog e quindi penso sia il momento di guardare un po’ di numeri.

Come ho detto nel mio primo post questo blog vuole essere prima di tutto un esperimento, quindi penso che ogni mese scriverò qualche riga su quell che succede dietro le quinte.

Per prima cosa son soddisfatto di essere riuscito a scrivere 23 articoli, ovvero uno per ogni giorno tra il lunedì e il venerdì. Questo nuovo formato di scrittura “a getto” non mi occupa molto tempo e penso di riuscire a mantenerlo anche in futuro.

Purtroppo non ho ancora ricevuto commenti, nonostante l’integrazione con Disqus, ma penso sia comprensibile dato che il numero di visite è ancora parecchio limitato.

Visite

In totale ho ricevuto 441 (+36%) visite da 337 (+9%) utenti. Non molto, ma un leggero miglioramento rispetto all’anno scorso in cui il blog era fermo ed erano accessibili solo le pagine dell’archivio. Il 50% delle visite provengono da cellulare (ragione in più per la scarsità di commenti), quindi la scelta di un tema responsive penso sia stata corretta. Solo un 5% è arrivato da tablet, mentre il restante 45% da PC. Il marchio di cellulari più utilizzato è Apple, mentre il browser per PC è Chrome.

I motori di ricerca hanno generato il 58% delle sessioni, ma il 64% di queste è atterrato sulla pagina dei contenuti non trovati, ma questo trend è in diminuzione mano a mano che google deindicizza i vecchi contenuti del sito.

I Social hanno generato il 16% del traffico, dove il 72% è generato da facebook e il 27% da twitter: l’articolo più letto tramite social è la mia recensione di Ghostbusters. Sul fronte Social penso che proverò ad integrare il sito con G+ dove dovrei avere già una pagina.

I referral hanno generato il 22% del traffico, ma tra questi numeri c’è anche qualche versione di facebook che non viene correttamente conteggiata sotto i Social: cercherò di sistemare questo problema nelle statistiche.

Direi che per il momento questa analisi può bastare: vediamo a che punto saremo il mese prossimo.