Recensione Trade Bots: A Technical Analysis Simulation

Oggi vediamo Trade Bots: A Technical Analysis Simulation, un nuovo gioco uscito su Steam questa mattina, per il quale gli sviluppatori mi hanno gentilmente fornito una chiave gratuita. Si tratta del gioco del più recente gioco di Cinq-Mars Media – già conosciuti per The Devil’s Calculator – uno studio no-profit che si concentra sulla produzione di giochi didattici.

Ed è proprio un gioco didattico quello che vediamo oggi. Una seria simulazione dei mercati finanziari che ci insegnerà i segreti dell’analisi tecnica, ovvero  lo studio dell’andamento dei prezzi dei mercati finanziari nel tempo, allo scopo di prevedere le tendenze future, mediante principalmente metodi grafici e statistici, per arrivare alla fine a programmare un sistema automatico, ovvero un bot, in grado di comprare e vendere e, si spera, generare profitti.

In questo gioco ci viene presentato un grafico a candele di una azione sconosciuta in un periodo sconosciuto. L’andamento che stiamo vedendo è reale, ed è tratto dai dati storici, e c’è una sufficiente variabilità dal non vedere due volte lo stesso andamento pur ricominciando la partita. Possiamo immediatamente comprare e vendere questa azione cercando di ottenere un profitto. Il profitto viene reinvestito in potenziamenti che aggiungono dati e statistiche al nostro grafico. Ad ogni nuova statistica corrisponde un tutorial video pubblicato su youtube, e la corrispondente pagina di Investopedia – l’enciclopedia del mercato finanziario. Possiamo quindi testare immediatamente quello che abbiamo imparato facendo un test di 5 domande, al quale corrisponderà un premio in soldi virtuali che potremo reinvestire sul mercato e utilizzare per altri potenziamenti.

La lista dei potenziamenti così come la lista delle statistiche a disposizione è veramente molto lunga, e anche andando molto veloce occorrono circa 10 ore di gioco per arrivare a sbloccare la prima versione del trade bot che consiste in un insieme di istruzioni “if then” raggruppate da operatori “and or”. Nelle mie 10 ore di gioco non sono arrivato a sbloccare il bot avanzato che per quello che ho visto funziona tramite un sistema a nodi e permette operazioni più complesse, e non sono arrivato neppure a sbloccare gli altri mercati.

L’aspetto grafico del gioco è semplice e non molto distante dai normali tool che si possono utilizzare in finanza: al di fuori di un paio di effetti sonori, e di un breve loop musicale sul menù non ci sono suoni, ma una opzione che può essere sbloccata è quella dei podcast: il gioco ha infatti una collezione di podcast a tema finanziario direttamente accessibile dal menù, e possiamo tenerli in sottofondo mentre guardiamo il mercato procedere.

Trade Bots: A Technical Analysis Simulation è un simulatore serio che insegna vere nozioni di mercato. I dati con cui abbiamo a che fare sono reali e ci vengono mostrati in modo casuale, e questo rinforza parecchio l’idea che gli indicatori che stiamo imparando siano solo parzialmente affidabili. Rispetto ad altri giochi a tema di finanza questo titolo ci permette di investire su una singola azione alla volta, e non ci permette di gestire un portfolio e non è mirato ad insegnarci le strategie di differenziazione degli investimenti. Quello che ci insegna bene è l’analisi tecnica, e seppur fornendoci solo contenuti esterni questa selezione di contenuti è ben fatta, e per chi come me non ha precedenti esperienze nel mercato finanziario il seguire le lezioni di questo gioco nell’ordine in cui sono sbloccate è stata una buona introduzione ad una serie di concetti complessi e il poter provare immediatamente nella pratica – e fallire senza perdere veri soldi – penso sia uno dei migliori metodi per andare oltre la teoria.

Il gioco è attualmente disponibile solo in lingua inglese, così come tutti i contenuti video, che però essendo su youtube hanno a disposizione i sottotitoli il più delle volte autogenerati. Anche i test sono in lingua inglese. 

Concludendo: Trade Bots: A Technical Analysis Simulation è un gioco didattico che affronta un tema molto complesso in maniera piacevole. Non ha particolari bug, o problemi, ma vista la complessità dei temi trattati la progressione nel gioco e la curva di apprendimento può risultare parecchio lunga e a seconda della fortuna può essere frustrante (ma a suo modo anche divertente) il perdere grosse somme virtuali sbagliando completamente le previsioni dell’andamento del mercato. Le informazioni raccolte sono un’ottima risorsa per iniziare ad affrontare questo tema. La possibilità di creare dei veri bot e testarli su scenari reali può garantire svariate ore di gioco, e certamente ne richiede almeno 10 per cominciare. Con un prezzo inferiore ai 12 euro mi sento di poter consigliare questo gioco a chiunque sia interessato all’analisi tecnica, e abbia una buona conoscenza dell’inglese.

Recensione di Project Astra Dominium

Oggi vediamo Project Astra Dominium, un nuovo gioco uscito in early access su Steam lo scorso 29 Marzo, e per il quale gli sviluppatori mi hanno gentilmente fornito una chiave gratuita. Si tratta del gioco di esordio di Snob Entertainment, nuova casa di Colonia fondata da tre amici nel 2022.

Cominciamo con l’ambientazione: Siamo in un futuro in cui la terra ha esaurito tutte le risorse. Per questa ragione è stata mandata una nave controllata da una IA (interpretata dal giocatore) a cercare risorse su altri pianeti. Lo scopo del gioco è quello di costruire una base in grado di fabbricare tutto quello che occorre inviare alla Terra, e raccogliere le materie prime da pianeti ostili.

Il gioco si compone di due parti distinte: la raccolta di risorse che è fatta attraverso un classico Tower defense, e la fabbricazione che è fatta in un sistema di catena di montaggio in stile factorio.

La parte di tower defense è l’aspetto migliore del gioco: per quanto possa sembrare molto semplice il fatto di dover piazzare torrette in luoghi predeterminati la quantità di opzioni che possiamo sbloccare, e configurazioni diverse che possiamo applicare alle torrette disponibili – che variano dalla semplice mitragliatrice al cannone campale – oltre ai comandi che possiamo dare alle torrette per variare la priorità dei bersagli garantiscono ore di min maxing e di lettura di statistiche per cercare di ottimizzare la raccolta delle risorse, che appunto avviene come drop casuale quando si eliminano i nemici. Inoltre possiamo anche variare la difficoltà dei livelli, e la quantità di drop utilizzando dei beacon che possiamo produrre nell’industria. I livelli danno tipi di risorse diverse quindi ci troveremo a rigiocare gli stessi livelli a seconda di che risorse servono alla nostra industria. Non si può perdere in questo gioco: anche se non si raggiunge l’obiettivo di una partita a tower defense si può sempre ricominciare da un livello più semplice per ottenere risorse ed esperienza che serviranno per altri unlock.

Parliamo ora dell’aspetto di catena di montaggio del gioco: qui questa versione early access a mio parere mostra qualche problema di bilanciamento, e l’interfaccia di costruzione e gestione delle risorse può essere parecchio migliorata sotto molti aspetti che descriverò durante il gameplay. Detto questo, il sistema di base per costruire un sistema automatico di lavorazione delle risorse per raggiungere gli obiettivi dei carichi da mandare verso la terra è già presente e funzionante, e il costo molto alto dei singoli pezzi della fabbrica impone al giocatore di dover ottimizzare le linee magari condividendo le risorse per più scopi.

Anche questo aspetto – se si supera un po’ di frustrazione dovuta al sistema di costruzione – riesce ad essere divertente, e il fatto che ogni volta che finisce una risorsa bisogna tornare a giocare una partita di tower defense rende il gioco inaspettatamente variato. 

A mio parere quindi a questo punto dell’early access è un buon gioco, soprattutto se ti piace il tower defense, un po’ meno se vuoi una sorta di factorio. Gli sviluppatori hanno pubblicato una ambiziosa roadmap, ma come sapete per quanto riguarda gli early access preferisco concentrarmi su quello che c’è già.

Recensione di Victoria 3

Ecco la mia recensione di Victoria 3

Dopo aver completato la mia prima partita a Victoria3 ecco la mia recensione.

Il focus principale del gioco è l’economia, la produzione, e il mercato. Tutto dipende dalla trasformazione di risorse. Molte interazioni possono essere non semplici da vedere, in particolare quelle politiche. Il sistema politico permette di varare leggi solo se le forze politiche sono al governo, e se l’opposizione non si ribella. C’è una componente di tiro di dadi nel passaggio delle leggi, ma andando avanti diventa sempre meno accentuata e la nazione può essere favorevole o rivoltarsi.

La guerra è probabilmente l’aspetto più fumoso, ma non mi dispiace il controllo indiretto. Quello che occorre capire è che i numeri delle truppe in una linea di fronte non sono determinanti: conta prevalentemente il numero di attacco o di difesa. Si possono vincere guerre logorando l’avversario tramite la difesa, soprattutto con trincee e mitragliatrici. Il che è una buona rappresentazione della Grande Guerra.

L’IA probabilmente in questo momento ha problemi a far funzionare l’economia, e nella mia partita con l’Italia mi son trovato ad essere al primo posto nella produzione di molte cose, tra cui il petrolio, avendo solo alcune regioni nel Borneo. Quindi nella mia partita c’era una effettiva mancanza di risorse sul mercato dovuto al fatto che l’IA non è stata in grado di sfruttare le risorse sul suo territorio e non ho trovato un modo per andare a impiantare industrie nei loro Stati.

Nella parte finale della partita può esserci un forte lag specialmente durante i conflitti e in generale il gioco rallenta, pur rimanendo giocabile (sul mio sistema, e installato su SSD).

Riassumendo ho trovato questo gioco divertente e forse un po’ troppo intenso nella microgestione.

Non lo consiglio se si cerca una esperienza militare e di conquista, dato che non è l’aspetto centrale del gioco.

Puoi vedere qui la mia partita a Victoria 3

Il lancio di Kerbal Space Program 2 e gli AAA Early Access

Kerbal Space Program 2 è uscito in early access, e non è andato benissimo. Diamo un’occhiata a cosa dovrebbe essere un gioco in early access, come è stato recepito KSP2, e come a mio parere non si dovrebbe comprare hype per un gioco futuro pagandolo oggi a prezzo pieno.

Dopo anni di travagliato sviluppo Kerbal Space Program 2 è stato rilasciato in early access, ma quello che è stato messo in vendita per 50 euro assomiglia più ad una tech demo che a qualcosa di giocabile.

L’early access è una formula in cui lo sviluppatore rilascia un gioco non completo, ma comunque giocabile, con la promessa che questo gioco verrà completato in un periodo futuro. Si tratta di un sistema di finanziamento per gli sviluppatori indipendenti che non riuscendo a coprire i costi dell’intero sviluppo decidono di dividere il progetto in due parti e promettono di non scappare con la cassa una volta raccolte le vendite iniziali.

Il prezzo di un gioco in early access è solitamente più basso di quello di un gioco a prezzo pieno, e in molti casi si aggira attorno a 20 euro o meno. Ad esempio Plan B a 10, Dyson Sphere Program è a 17 euro, e Automation – forse il gioco in early access da più tempo – a 25. 

Prendiamo proprio Plan B come esempio di un gioco appena rilasciato in early access: certamente non è perfetto: ci sono tanti piccoli miglioramenti che potrebbero essere implementati per migliorare l’esperienza di gioco; la parte finale della partita richiede probabilmente un bel po’ di ottimizzazione per evitare il lag; sarebbe bello venissero aggiunte altre cose da fare ed espanse alcune meccaniche.

Il gioco è già completamente giocabile dall’inizio alla fine e ci ho giocato già per 24 ore, che già potrebbe essere considerato sufficiente per un gioco da 10 euro anche se lo sviluppatore dovesse abbandonarlo. Dyson Sphere Program è un esempio ancora più virtuoso: rilasciato da due anni già al primo rilascio l’esperienza di gioco era sostanzialmente completa, ed è stata espansa in questi due anni con molte aggiunte.

L’early access è quindi un sistema per finanziare giochi più o meno Indie che hanno già raggiunto un buon grado di sviluppo, mentre per i giochi che sono ancora da sviluppare esistono altri sistemi di finanziamento fuori da Steam.

L’esempio più classico è il Kickstarter: una raccolta di soldi su una promessa di sviluppo, nella quale solitamente al massimo si mostra una demo tecnica iniziale, ma molto spesso solo dei concept. Un altro esempio che vedo andare molto di moda ultimamente è quello dello sviluppo tramite Patreon nel quale i fan pagano ogni mese lo sviluppatore e il gioco molte volte viene addirittura rilasciato gratuitamente, come è il caso di Operation Harsh Doorstop o quando è sufficientemente sviluppato diventa un titolo early access come nel caso di Gunner, HEAT, PC.

Avete notato cosa hanno in comune tutti i titoli che ho citato fin ora? Esatto: sono tutti titoli originali. Nessuno di questi è un sequel. Naturalmente ci possono essere anche casi in cui l’early access viene usato per un sequel: ad esempio Democracy 4, ma anche qua abbiamo avuto a che fare con un’esperienza completa, e la formula in early access è stata scelta dallo sviluppatore Cliffsky più che altro come esperimento.

Fatte tutte queste premesse parliamo dell’editore di Kerbal Space Program 2: Private Division. Private division non è un piccolo sviluppatore indie ma è una sussidiaria di Take 2, azienda quotata in borsa che attualmente ha un valore di mercato superiore ai 18 miliardi di euro.

Tutte le questioni che ci siamo detti finora del finanziare il piccolo sviluppatore e il suo sogno nel cuore smettono immediatamente di valere se il tuo editore è una delle major del mercato videoludico. Nessuno ti vieta naturalmente di uscire in early access, ma ci si aspetta un livello di qualità molto alto soprattutto perché Kerbal Space Program 2 è un sequel di un gioco sandbox, che oltre a qualche espansione ha una tonnellata di mod, quindi non c’è una vera necessità di lanciarlo in early access fino a quando non arriva a superare almeno parzialmente il predecessore.

E veniamo a questo lancio disastroso della scorsa settimana: già prima del lancio gli sviluppatori hanno a mio parere cercato di limitare i danni pubblicando una tabella di requisiti hardware assurda. La cosa drammatica è che al lancio si è scoperto che effettivamente con questi requisiti hardware fuori dal mondo non si ottengono comunque prestazioni eccezionali, e che la grafica (che non è mai stata la ragione per giocare a Kerbal) seppur migliore del primo capitolo mod grafici compresi non è un salto avanti tale da giustificare i requisiti hardware.

Solitamente uso due parametri per definire se il lancio di un gioco su Steam sia andato bene o male: le recensioni e le statistiche di utilizzo. Al momento Kerbal ha esattamente il 50% di recensioni positive su circa 10.000 recensioni, e quasi tutte le recensioni positive riconoscono i problemi enormi del gioco allo stato attuale e le giustificano con l’etichetta “early access”. Le statistiche di utilizzo invece ci raccontano molto bene come nonostante le enormi vendite iniziali i giocatori non stiano in realtà giocando al nuovo titolo: se guardiamo l’andamento dei giocatori contemporanei vediamo come il secondo capitolo è rapidamente sceso sotto il primo, e al momento in cui sto scrivendo circa il doppio dei giocatori contemporanei è rimasto sul primo capitolo rispetto al secondo.

Facciamo un confronto con un buon lancio su Steam Crusader Kings 3 , si tratta di un gioco “completo” – per quanto possono essere completi al lancio i giochi Paradox – che va a sostituire il predecessore che oltre ad essere gratuito nella sua forma base ha una tonnellata di espansioni a pagamento, e moltissimi mod.

Le recensioni al lancio erano al 93% positive, e tuttora sono al 92% dopo una prima espansione molto costosa e mal recepita. Se guardiamo poi le statistiche di utilizzo vediamo come Crusader Kings 3 abbia dal primo giorno superato di varie lunghezze il titolo originale, con più di 3 giocatori per ogni giocatore del primo titolo. Anche nel caso di Paradox non parliamo di un piccolo sviluppatore indie, ma di una azienda quotata, che ha un valore di mercato di 2 miliardi di euro, ovvero quasi un ordine di grandezza meno di Take 2.

Proprio Paradox però ci insegna che non è il caso di lanciare giochi che hanno avuto uno sviluppo travagliato, a meno che si riesca a recuperarli e a portarli in uno stato ottimale. Non è un vero problema far aspettare per anni i giocatori: sicuramente è un problema più grosso rilasciare un gioco in uno stato pietoso. Ed è per questo che dopo l’hype iniziale si son perse completamente le tracce di Bloodlines 2, che a quanto sappiamo – a meno di grosse sorprese – non verrà discusso neppure nell’Announcement Show del 6 Marzo.

Per me è questo il comportamento che dovrebbe avere un grosso editore verso il pubblico: non rilasciare qualcosa di incompleto facendo pagare 50 euro la promessa di una road map sulla quale non c’è alcuna garanzia. Ricordiamoci sempre che non abbiamo a che fare con un piccolo sviluppatore nella sua cameretta ma con aziende quotate che rispondono agli investitori, e gli investitori hanno un unico obiettivo: fare soldi rapidamente.

Quindi da questo tipo di aziende non ci si può aspettare un gran che in più rispetto a quello che ti consegnano quando paghi il prezzo pieno del videogioco. Non sono i clienti la parte che conta di più per queste aziende, ma sono gli investitori e il prezzo delle azioni in borsa. E gli investitori non si preoccupano se l’azienda prende i soldi dei clienti e scappa, ma si preoccupano se l’azienda dopo aver già preso i soldi dei clienti li spende in anni di sviluppo che non portano altri soldi.

Per queste ragioni ho deciso di attendere e vedere se Kerbal Space Program 2 migliorerà in futuro, e solo in quel momento deciderò di spendere dei soldi. Non comprare hype è l’unica vera difesa del consumatore.