Quella che è da più parti stata definita come l’elezione più brutta della storia è alle porte e l’amministrazione Obama si avvia verso la transizione.
Due mandati, otto anni: tanto è passato da quando l’outsider più famoso del mondo con il suo “yes we can” è entrato alla casa bianca togliendo prima la poltrona alla favorita Clinton nelle primarie e poi al suo concorrente McCain (e alla terrificante Palin) nelle generali; poi un Obama 4 anni più stanco ha vinto nuovamente contro Romney garantendosi il suo secondo mandato che si concluderà il 20 gennaio del prossimo anno.
Oggi voglio cominciare una breve serie di 2 o 3 articoli riguardo quello che è stata la presidenza Obama: in questo primo articolo mi occuperò della politica interna, domani invece scriverò quello riguardante la politica estera.
Obama in politica interna verrà probabilmente ricordato per la riforma della sanità detta Obamacare: rispetto alla idea iniziale la riforma è stata parecchio modificata per raggiungere una forma condivisibile da un congresso ostile. Obamacare non è certamente il sistema a sussidio statale che ci si potrebbe aspettare in una democrazia moderna, ma è certamente un passo avanti nella società americana dove anche solo l’alta concentrazione di obesi crea fa si che una enorme porzione della popolazione non sia assicurabile. Non son di per se contrario al sistema delle assicurazioni, e anzi probabilmente è un sistema buono per mettere chiunque di fronte a scelte di stile di vita sane, però allo stesso modo vedo che una società ha problemi a funzionare se la salute dei singoli dipende esclusivamente da società private, e se per garantirsi un minimo di longevità – quello che anche la nostra sanità per quanto criticabile e disfunzionale ci garantisce con il finanziamento pubblico – sia un prerequisito di una società occidentale con una buona qualità della vita. Obamacare per me è stato un passo nella giusta direzione, e penso che prima o poi anche negli Stati Uniti la sanità dovrà essere a carico dei contribuenti (come la Difesa).
La crisi economica che ha segnato gli ultimi anni della presidenza Bush ha lasciato una terrificante eredità ad Obama che ha dovuto fin dal primo giorno correre ai ripari. Da una parte l’america è ripartita, soprattutto sul fronte dell’occupazione, ma dall’altro è proprio stato durante gli anni di Obama che una parte dei giovani bianchi con un discreto grado di educazione ha cominciato a puntare il dito contro “l’uno per cento” che controlla la ricchezza del paese. Occupy Wall Street è stato questo: non un movimento di poveri, ma un movimento dei giovani della classe media che si accorgevano come giorno dopo giorno stessero perdendo la posizione che avevano fino agli anni ’70 (quando la maggior parte di quelli che era in piazza non era neppure nata). La caduta della classe media sarà certamente uno dei problemi che il nuovo presidente si troverà a fronteggiare.
Se la classe media non se la passa bene le classi più povere non stanno certo meglio: gli afroamericani avevano certamente gioito per l’elezione di un presidente corrispondente al loro colore, ma la loro situazione non è magicamente migliorata sotto la presidenza Obama, anzi. Black Life Matters è uno slogan che è andato di moda ultimamente ed è certamente il sintomo di come nei ghetti la situazione sia ancora disperata. Esiste ancora una segregazione nel sistema scolastico, e molti buoni esperimenti degli anni passati si sono interrotti: un nero riceve una educazione peggiore, un nero ha più possibilità di finire in galera, e l’america ha ancora la popolazione carceraria più alta del mondo. Il problema razziale non si è dissolto perché un presidente di pelle bruna è entrato alla casa bianca, anzi, forse è pure peggiorato.
Gli Americani hanno ancora tutte le armi che vogliono, come previsto dal secondo emendamento. Le timide azioni di Obama per il contenimento del problema delle armi si sono limitate per lo più ad annunci che paradossalmente hanno fatto vendere più armi per timore che ad un certo punto sarebbero diventate illegali.
Ora molti americani possono farsi le canne: non si tratta di leggi federali, ma statali, e certamente non son state osteggiate dal governo centrale. Un passo positivo verso il liberalismo.
Per decisione della corte suprema ora il matrimonio è esteso alle coppie dello stesso sesso a livello federale. Un ottimo obbiettivo nel campo dei diritti, venuto in seguito ad altre norme nello stesso senso tipo l’abrogazione di “don’t ask, don’t tell” per i militari.
Obama si è trovato più volte ad avere a che fare con un parlamento parecchio ostile, arrivando allo shutdown del governo per 16 giorni attorno alla questione del finanziamento di Obamacare: l’esecutivo ha avuto la meglio.
L’ultima questione è quella dei giudici della corte suprema: Antonin Scalia è morto lo scorso 16 Febbraio e nonostante le pressioni della Casa Bianca il suo seggio rimane tutt’ora vacante. In un anno di elezioni con un parlamento avverso è facile capire il perché.
Riassumendo: Obama non è stato certamente all’altezza delle incolmabili aspettative del 2008, ma sul fronte interno è stato un buon presidente, seppur divisivo.