Evoluzione del Mercato della Moda

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Ieri abbiamo affrontato una rapida corsa del settore dell’abbigliamento dalla rivoluzione industriale a oggi: come abbiamo visto gli ultimi passaggi sono stai la crescita delle firme come status symbol e come elemento di appartenenza (anni 80-90) e la crescita del fast fashion venduto da brand famosi, ma non firmato in senso stretto. Il fast fashion ha cambiato il concetto di omologazione presente nei vecchi marchi legati a 2 collezioni annuali, al concetto di vestito come espressione di se, grazie alla enorme quantità di capi diversi messi in vendita settimanalmente.

Il fast fashion però vuol anche dire comprare più vestiti del necessario, e conseguentemente produrne di più, produrre più cotone o più fibre sintetiche, e buttare via più vestiti andando ad inflazionare i mercati del terzo mondo.

Naturalmente in questa situazione il mondo della moda si sta interrogando sul reale impatto del fast fashion sia a livello ambientale, che di condizioni lavorative, che di mercato, che di cultura, e sta emergendo naturalmente l’idea opposta: lo slow fashion.

Lo slow fashion naturalmente torna all’idea di qualità al posto di quantità, e quindi prevede di avere meno vestiti ma che possano accompagnarci per più tempo. Ricordiamo che i vestiti vengono ancora buttati in buono stato, per far spazio a nuovi, quindi la qualità non ha particolarmente a che fare con i materiali quanto con il concetto di moda stagionale.

L’idea è avere dei vestiti personalizzati che possano permettere di esprimere se stessi allo stesso modo del fast fashion ma senza rivoluzionare i guardaroba ogni 6 mesi: degli staple insomma.

La chiave è la personalizzazione: in questo ambito comprendono le antiche tecniche di sartoria, naturalmente collegate a metodi produttivi del prodotto iniziale per andare a personalizzare una camicia o una giacca nel modo in cui la preferiamo. Per sono sempre esistiti negozi un po’ in ogni città, per le giacche stanno nascendo diversi servizi online. Allo stesso modo anche l’elettronica ci permette di avere macchine molto abili nel creare personalizzazioni, o in ogni caso, dato che il lavoro sartoriale alla fine è prevalentemente manuale, si tratterà solo di avere operai in grado di fare lavori leggermente diversi ogni volta.

In questo senso può esserci anche un riavvicinamento della produzione verso i paesi consumatori. Allo stesso modo l’idea di personalizzazione ben si sposa con le piccole produzioni artigianali, e in qualche caso anche amatoriali: grazie a internet molti piccoli produttori che non riuscirebbero mai a piazzare il proprio prodotto nei pochi chilometri attorno ai loro atelier, possono incontrare la domanda magari di un acquirente dall’altra parte del mondo. Questo sta creando molte micro aziende nel vestiario specializzate in particolari tipi di prodotto, ad esempio le borse fatte con vele riciclate, o con teli dei camion; oppure il riscoprire le vecchie borse di scuola in pelle.

Son convinto che l’abbigliamento come industria di massa abbia attraversato e superato il punto di diminishing return, e che per forza di cose il passaggio successivo sarà un ritorno al piccolo artigiano… su internet.

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