CJ Kershner ci racconta dell’importanza e delle tecniche per creare dei personaggi non giocanti dotati di personalità
Mi piace molto in particolare la parte sull’umanizzare il nemico/vittima, che in qualche modo si ricollega al discorso della violenza nei videogiochi.
Gran parte di quello che mi piace nei giochi è definibile come colore, o “flavor” in inglese, ovvero qualcosa di completamente slegato dal gameplay ma che contribuisce a creare un contesto più complesso in modo da aumentare il significato delle azioni del giocatore.
Bastano poche cose per dare un minimo di colore: nel simulatore Rise of Flight gli avversari che incrociamo sui cieli di francia possono avere un aereo dipinto in modo diverso in base alla squadriglia di appartenenza, e quando li abbattiamo possiamo leggere il loro nome e cognome nel debriefing. Semplicemente il fatto che un nemico abbia un nome e un cognome è sufficiente per dargli una profondità maggiore del semplice “bersaglio di cartone” a cui sparare.
Penso che questo sia una delle ragioni per cui mi piace molto Crusader Kings 2, perché tutto il gioco è il risultato dell’interazione di migliaia di NPC ognuno con il proprio nome, il proprio volto, le proprie caratteristiche, e i propri obiettivi e questo immediatamente crea un mondo vivo perfetto per raccontare generare ottime storie.