New Rose Hotel è certamente il peggior film tra quelli che ho scelto per la rassegna di cinema Cyberpunk.
Il bugget limitatissimo e il materiale su cui è basato – un racconto di 12 pagine – sono due chiari segni di quanto questo film avrà difficoltà a riempire il tempo di un lungometraggio.
I primi 70 minuti sono la storia, raccontata in modo molto lento e senza mostrare neppure per sbaglio una scena d’azione, anche se ce ne sarebbero state almeno tre possibili.
Gli ultimi 20 minuti saltateli direttamente: è una sorta di cortometraggio che racconta nuovamente tutto il film che avete appena visto, attraverso dei flashback.
Ma allora perché ho incluso questo film nella lista? Due ragioni fondamentalmente
La prima è che si tratta probabilmente della resa cinematografica più fedele di un racconto di William Gibson, appunto l’omonimo New Rose Hotel che potete trovare nella raccolta “La notte che bruciammo Chrome”.
La seconda e più importante è che questo film è un esempio di come il Cyberpunk non debba per forza essere elettronica, cybernetica, e luci al neon.
Possono bastare alcuni elementi: nel caso di New Rose Hotel vediamo un mondo dove gli scienziati sono contesi tra le multinazionali, e gli headhunter ricorrono a tutti i mezzi leciti e illeciti per strappare un talento da una azienda concorrente.
Le multinazionali spregiudicate, il mondo globalizzato abitato da persone senza patria, condita con l’estetica giapponese sono alla base dei racconti di Gibson, che sono probabilmente ispirati da vicino dal suo vivere in giappone negli anni ’80.
Quindi il cyberpunk non è solo tecnologia, e non è solo estetica: è alla base un mercato senza regole e senza morale.
Questo elemento che avevamo già visto in Nirvana ci accompagnerà in molti dei prossimi 8 film.