L’Ingovernabilità è nella Testa dei Politici


L’entaconsulta si è espressa e finalmente abbiamo una legge elettorale immediatamente applicabile. Certo, è una legge un po’ ridicola dato che prevede uno sbarramento del 3% a partito alla Camera e dell’8% di coalizione + 3% di partito al Senato; poi non prevede premi di maggioranza al Senato, e ne prevede uno praticamente irraggiungibile con il 40% alla Camera, quindi alla fin fine si tratta di un proporzionale puro.

Però hey: è una legge elettorale!

Proporzionale puro quindi: un modo come un altro per eleggere il Parlamentobello in una Repubblica Parlamentare. Negli ultimi 20 anni ci siamo allegramente presi in giro con premi di maggioranza, coalizioni e leader, arrivando persino all’idea che in Italia il Primo Ministro fosse eletto – in maniera informale – direttamente, ma la realtà è che se si vuole tenere un sistema di partiti per garantire ad ogni italiano la possibilità di scegliere in base alla propria peculiare ideologia tra 50 sfumature di VeraSinistra, oppure il partito di Destra che più si avvicina al fascismo mentre difende la Costituzione, allora poi sta ai politici eletti decidere che Governo sostenere e, all’interno di questo Governo, far valere il proprio programma.

Per me sta anche bene così perché non parto dall’idea che qualcuno vinca le elezioni con un sistema proporzionale. Se devo dirla tutta in un sistema proporzionale preferisco non ci sia alcun premo di maggioranza e che la governabilità venga determinata dalle coalizioni dei partiti che rappresentano il paese. Rappresentare la maggioranza del paese è l’aspetto più complesso di un sistema politico che parte da un astensionismo enorme, e sicuramente non c’è alcuna maggioranza in un premio di maggioranza dato ad un partito con meno del 40%, e figuriamoci una coalizione.

Sono i politici a dover decidere dopo le elezioni che posto prendere al Governo o se sedersi all’opposizione, e questo non è possibile se i partiti partono da una idea di purezza dove tutti gli altri sono “impresentabili” e dove ogni Governo diverso da un monocolore (ovvero tutti i Governi che abbiamo avuto) sia un ignobile inciucio. Bisogna partire da qui: dall’idea che la politica con il proporzionale è un compromesso tra idee diverse per sostenere un Governo con la fiducia della maggioranza degli elettori, e che il Parlamento nella sua interezza sia rappresentanza di tutto il paese e in questo modo possa scrivere le leggi. Certamente questo è molto più complicato se il gioco si ripete su due camere ma purtroppo l’ultimo referendum costituzionale ha bocciato le riforme.

Quindi non votate per chi vuole vincere: votate per chi è disposto a portare avanti la propria idea nel rispetto degli altri partiti.

Meglio un Gioco all’Anno o i DLC?


Prima dell’avvento della distribuzione digitale i videogiochi avevano un unico rilascio principale, e al limite qualche pacchetto di espansione, sempre rilasciato nella forma di un disco in scatola. Il primo titolo che sfruttò ad nauseam il concetto dei pacchetti di espansione fu The Sims che arrivò con la sua seconda incarnazione ad avere 8 espansioni e 10 Stuff Pack.

Il modello di The Sims è molto vicino a quello che oggi può essere adottato pienamente con la distribuzione digitale: il gioco base viene costantemente supportato ed espanso garantendo una longevità molto lunga.

Un esempio classico dell’uso dei DLC è quello di qualunque titolo della Paradox Studios: ad esempio Crusader Kings 2 è un titolo risalente al 2012 che ha ricevuto 12 espansioni (più una tredicesima in sviluppo) e un numero enorme di content pack che includono diverse icone per le unità, volti per i personaggi, musiche, araldi, e persino libri con storie derivate dal gioco.

L’approccio opposto a quello di Paradox è quello di Sports Interactive che ogni anno rilascia una nuova versione del suo titolo di punta Football Manager a prezzo pieno e senza sostanziali modifiche rispetto al titolo dell’anno precedente (a parte naturalmente l’aggiornamento del database); contestualmente il titolo dell’anno precedente viene tolto dal mercato.

L’approccio dei DLC garantisce una lunga longevità ad un titolo e permette una maggiore flessibilità da parte dei consumatori nella scelta di quello che considerano effettivamente valido; il principale lato negativo però è che il gioco invecchia e la continua stratificazione di nuove meccaniche può portare verso un risultato instabile, poco prestante, e generalmente non optimale.

L’approccio di un nuovo titolo all’anno tende a dar la garanzia di un nuovo titolo sempre rifinito, ma le differenze tra un anno e l’altro – soprattutto nei giochi che non dipendono dalla potenza del motore grafico – sono spesso paragonabili a quelle di un singolo DLC, e quindi son meno vantaggiose per il consumatore che si trova a pagare il tutto a prezzo pieno.

Da consumatore quindi preferisco l’approccio a DLC che permette di continuare ad avere supporto e aggiornamenti su un titolo garantendo nel contempo al consumatore di scegliere se e quando acquistare i vari pacchetti di espansione potendo anche entrare più tardi su un titolo sfruttando un forte sconto: il gioco base di Crusader Kings 2 infatti viene spesso messo in vendita in bundle con alcune delle vecchie espansioni per un prezzo estremamente competitivo, mentre dall’altra parte solitamente non si va mai oltre uno sconto del 25% per un titolo che comunque smetterà di essere di punta in meno di un anno.

The Founder: la mia Recensione


The Founder è l’ultimo film di John Lee Hancock con Michael Keaton nei panni di Ray Kroc, il fondatore di McDonald’s

Ambientato negli anni ’50 questo film si impegna fin da subito a tratteggiare con tinte pastello come era l’america del dopoguerra con i suoi ristoranti drive in e i giovani ribelli: in questo scenario Kroc cerca di vendere senza troppo successo i suoi rivoluzionari frullatori ad alta capacità, che male si sposano con i lenti e confusi ristoranti dell’epoca; durante i suoi viaggi Kroc si imbatti in Dick e Mac McDonald che stanno avendo un inaspettato successo con una rivoluzionaria forma di ristorante: il fast food.

Kroc a questo punto impegnerà tutti i suoi averi per entrare in società con i McDonald e replicare il successo del ristorante originario in altre parti d’America. Il film percorre il conflitto tra Kroc e gli inventori di McDonald’s fino ad arrivare al colpo di mano che gli permette di escludere gli inventori originali e autoproclamarsi fondatore della prima e più grande catena di fast food.

The Founder è una storia sull’imprenditoria e il capitalismo: da una parte abbiamo il genio di chi non solo ha una idea innovativa, ma riesce anche a creare gli elementi fondamentali del marchio per renderla di successo; dall’altra abbiamo il protagonista che ci mostra tutta la spregiudicatezza necessaria nel mondo degli affari per prendere una piccola idea e trasformarla in una multinazionale. Per quanto il film voglia criticare questa visione arrivistica e spregiudicata ho trovato la figura di Kroc non completamente negativa dato che effettivamente ha avuto un ruolo non secondario nell’espansione di una idea che non ha creato, e contemporaneamente ha anche rischiato tutto per quello che credeva.

Eccezionale la performance di Keaton che si muove con agilità nei panni di questo complesso personaggio; molto bella la sequenza in cui viene mostrata l’idea del fast food attraverso una simulazione su un campo da tennis; non molto riuscita invece la parte in cui si cerca di affrontare il Kroc privato tra la prima e la seconda moglie.

Il film, concentrandosi sugli anni ’50, non ha assolutamente alcuno spunto di critica sulle attuali operazioni della McDonald’s Corporation, e anzi in diverse parti è probabilmente anche una sorta di video promozionale delle idee fondamentali di McDonald’s.

Star Wars Episode III: Revenge of The Sith


Contrariamente a Episodio II avevo un ricordo peggiore di Episodio III, ma rivedendolo l’ho parecchio rivalutato, e soprattutto nell’ottica dei prequel lo considero un buon film.

Rispetto ai primi due capitoli in questo film il registro diventa finalmente più drammatico mentre assistiamo alle fasi finali della trasformazione di Anakin e la distruzione degli Jedi. Jar Jar non dice una parola in tutto il film, e compare solo in una scena; il suo ruolo di spalla comica non è sostituito da nessuno, a parte l’occasionale alleggerimento di C-3PO.

Il Film comincia con una buona battaglia spaziale visivamente molto bella nonostante la CGI sia comunque troppo luminosa e cartoonesca. Palpatine ha molti dialoghi in questo film, ed è uno degli elementi principali che rendono godibile il tutto, insieme all’apice drammatico della scena dell’ordine 66.

Le musiche di Williams sono sempre al posto giusto e al momento giusto sottolineando i singoli personaggi e i singoli avvenimenti.

Cosa tiene questo film lontano dalla grandezza? Le scene d’azione. I duelli con le spade laser – in particolare quello tra Obi Wan e Anakin – soffrono sempre di queste coreografie acrobatiche e implausibili da videogioco, e lo stesso Obi Wan si inventa alcuni gesti da “Kung fu Panda” che sono completamente fuori dal suo personaggio. Oltre alle coreografie delle scene d’azione rimane sempre il problema della recitazione di Christensen e del modo abbastanza ridicolo in cui Anakin passa al lato oscuro per paura di perdere l’amata. Per finire la galleria degli orrori naturalmente abbiamo la scena potenzialmente più drammatica della intera saga mandata in vacca da un “Nooooooo”

Episodio III purtroppo fa ancora più rabbia dei precedenti, che non avevano speranza di salvarsi

Star Wars episode II The Attack of the Clones


Ricordavo questo film come qualcosa di decisamente migliore rispetto a Episode I, ma comunque con molte falle. Ricordavo male.

Episodio 2 pur non avendo tonnellate di Jar Jar e del piccolo moccioso ha due grossi problemi: la storia d’amore e la trama.

La storia d’amore già come pretesto è completamente priva di senso: l’idea che il pischellino si sia innamorato parecchi anni prima della regina, ma soprattutto l’idea che la regina ora ci trovi qualcosa in quella terrificante parodia di un adolescente ha dell’incredibile: in generale tutto il personaggio di Anakin risulta irritante quanto Jar Jar perché se Jar Jar può essere perdonato per essere una spalla comica che ruba troppo la scena per i motivi sbagliati quando è il protagonista ad essere scritto come un cretino allora il gioco non funziona. Non si può neanche cercare di giustificare il comportamento di Anakin come un nemico complesso e tormentato alla Kylo Ren: Anakin risulta proprio come un adolescente stupido e viziato, e la recitazione di Hayden Christensen non aiuta.

Il secondo enorme problema del film è la trama che avanza per coincidenze: quasi tutti i Guerre Stellari hanno trame scritte con un numero enorme di coincidenze per poter funzionare, ma l’Attacco dei Cloni supera tutti i record. Gli Jedi cercano chi è dietro all’attentato a Padme; Obi Wan scopre che si tratta di Jango Fett, un cacciatore di taglie che è contemporaneamente il sicario dei separatisti e la matrice per la produzione dell’armata di cloni che lo stesso Obi Wan scopre per caso sul pianeta Kamino (che è stato cancellato delle carte); sempre inseguendo Jango Fett Obi Wan trova la base dei separatisti e scopre il conte Dooku, che è in realtà alleato a sua insaputa con Palpatine che nel mentre riesce ad ottenere i poteri speciali dal Senato grazie all’incompetenza di Jar Jar. Il tutto si risolve con una mega battaglia e con l’arrivo di queste armate di cloni scoperte per caso e probabilmente pagate da nessuno.

Si può accettare una trama del genere simile alle montagne russe solo se il firm è impeccabile, la CGI credibile, e le scene d’azione coreografate alla perfezione, ma purtroppo non è questo il caso di Episode II.